sabato 27 giugno 2015

University and real world, right equilibrium!

Which is the right mean between University and real world? It’s an important question for me, because I’m seeing, during my university years, that to be a good student is important, but when you’ll be thrown in the working world, will be the same thing? I’m saying, to be a good student will be more important than to be flexible, to have an innovative approach at the problems and to have an open mind in your future work? I don’t know if the standardization of the school, and the approaches of the students at the study, is the right way to prepare the future of our country at the working world. Why I’m saying this?

Some days ago, I was surfing on the Boston Consulting Group’s website, just to my knowledge and to see what are the criteria to choose the future associates. In the ‘career section’ and ‘work with us’ you can find all this information. Reading here, I found some interesting things. The first one, it’s that they seek people from colleges and universities all over the world, but don’t saying that they want students from famous and prestigious schools even if in reality it is so, if you seek better on the web. The second one are the features of the perfect candidate. They want talent people, which wishing a brilliant and stimulant career. During the interview you’ll have to solve a problem in front of the recruiter and, it’s wrote, you won’t have to use the concept that you have studied, not pre-made concept or approaches learned in your university’s years. You’ll need to be yourself and show to be able to solve problem in an innovative but operative way, because the right answer at the question there’s not.

With this simple example I want to ask you, why you prefer meet people from the best universities of the world but you want an innovative approach at the problem solving? Don’t you believe that a lot of talented people remain outside? I agree that the personal talent is necessary to overcome obstacles, but how do you improve it if the school is oriented to a standard approach? How if you study only on book theories which are no real in real world? How you can improve your personal talent and problem solving, applied at what are you studying if the professors want that you know by heart their books? You know, I talking about the Italian system, I don’t know the different approaches in the rest of the world.

Do these colossal company give also the same possibilities at the student which has studied at the public universities? I don’t know, I hope it, but I’m sure that if it’s so, when I’ll reach my goal before others who has studied in a prestigious universities, the satisfaction will be hundred times higher. Maybe something it’s changing, because some of these company (I guess! I hope it!) allow to have a stage for the summer or ten-twelve weeks during the year if they see in you that you are capable. In these cases such companies could also propose you a job, during on which they pay a master or something like that in one of the prestigious universities of the world, because an investment on a human capital can produce earnings in long-run much more than others.

I tried to explain my thoughts in English, because that could reach much more readers all over the world, even if it’s only the Italian student’s opinion. I hope I was clear with my English and I would like to know the opinion of someone of these big company. Meanwhile, I go to eat a slice of pizza and to finish to study for the exam of Monday, where I have two books (wrote by my professor) to learn.



Lo studente, Matthew Shod


giovedì 25 giugno 2015

Speculator or Value Investor? Why value value?

Charles P. Kindleberger disse che i sistemi finanziari sono intrinsecamente instabili a causa dell'irrazionalità e dell'intento PATOLOGICAMENTE SPECULATIVO degli investitori. Il concetto di 'fare soldi' porta il sistema finanziario a slegarsi dai fondamentali e ad i suoi attori a cercare solo investimenti di breve-brevissimo termine per accumulare denaro. Ormai è diventata pratica diffusa sia tra operatori istituzionali che tra piccoli investitori. Non solo nel mondo finanziario, ma anche nella vita comune il pensare solo al denaro è diventato di routine. Basti pensare a quando si esce fuori con gli amici nel weekend, dove il discorso, in un modo o nell'altro, salta sempre fuori. In un mondo sempre più competitivo sembra essere l'unica cosa che interessi alle persone e, per quanto mi riguarda, è davvero triste. Ormai il denaro è diventato un fine, non un mezzo.

Domanda a brucia pelo. Preferireste in vestire mille euro e vedere tra un mese che sono diventati millecento e disinvestire? O investire mille euro in un progetto di più lungo termine dove potrebbero diventare due o tre volte tanto contando sul fatto di essere diventato proprietario di un'impresa che vi continuerà a far guadagnare per tutto il tempo? Pensateci. Vi ritenete soggetti pazienti o impazienti?

Nella maggior parte dei casi, coloro che assumono posizioni speculative di breve e brevissimo termine, assumo un rischio molto alto, perché la loro valutazione non si basa sulla solidità del pezzettino di impresa che hanno acquistato, ma su una pura scommessa, perché ritengono che in poco tempo quel titolo aumenterà di valore ed allora andranno ad incassare il prezzo più alto. Un altro problema di tutta la questione è che oramai i mercati sono diventati estremamente accessibili a tutti: basta un computer, un collegamento internet, un conto online ed in pochi click ti ritrovi gettato in un mondo che, se non conosci, ti può portare via tutto in pochi istanti. Persone che senza cultura finanziaria si improvvisano investitori andando allo sbaraglio, mentre dall'altra parte ci sono soggetti con solide conoscenze, i quali prendono decisioni razionali e ponderate. Una frase che mi disse una volta un mio professore all'università e che non dimenticherò mai è stata: «...se siete in taxi e sentite l'autista dire che ha sentito dire da un amico che quella certa impresa quotata è molto buona perché stanno comprando tutti le sue azioni e, voi miei cari studenti, se per caso doveste mai avere in portafoglio quel titolo, aspettate qualche giorno e poi è ora di vendere». Questo mi ha fatto capire due cose del mio professore: primo è che probabilmente doveva essere uno speculatore, secondo che avrebbe cominciato a parlare dei comportamenti imitativi che spesso dominano i mercati finanziari e portano alle bolle speculative. Riguardo l'ultimo punto, altro grande problema dei mercati finanziari è l'irrazionalità dei soggetti che vi operano e dei loro comportamenti, che portano tutti i un'unica direzione. Ad ogni modo, il mio prof. non aveva tutti i torti perché se vediamo in nostro portafoglio finanziario crescere del 5-10% in un paio di giorni molti sarebbero stati tentare di cominciare a disinvestire. Probabilmente è proprio questo, se un investitore vede che il suo portafoglio vale di più di ieri, perché tenersi un titolo quando posso avere soldi contanti? Io poteri rispondere che chi opera in questo modo o ritiene che il prezzo del titolo abbia superato il suo vero valore fondamentale, oppure che quell'impresa non sia più nelle condizioni di poter creare valore nel futuro.

Da quando mi sono appassionato al mondo della finanza, ogni giorno scopro una marea di cose diverse, ma ad un mi sono imbattuto nel seguente nome: Warren Edward Buffett. Penso che tutti lo conoscano e, naturalmente, la prima cose che ho fatto è cercarlo su Wikipedia dove c'era scritto che il suo patrimonio era di svariati miliardi di dollari. Sono rimasto a bocca aperta, anche perché ero un ragazzino. Indagando sempre di più ho capito diverse cose sul suo conto. La prima è che ha cominciato fin da bambino a fare investimenti, ma che non era un modo per fare solo 'soldi', ma era un modo per dimostrare che era bravo a fare quello che faceva. Il fatto che guadagnasse denaro era la dimostrazione del fatto che riusciva a creare valore su ciò che investiva: il denaro era il mezzo per raggiungere un fine, dimostrare che era il migliore. Questo mi ha fatto vedere sotto un altro punto di vista il mondo finanziario e degli investimenti. Lui metteva i propri soldi in imprese con determinate caratteristiche (solido vantaggio competitivo, management onesto, ecc...) solo se poteva acquistarle ad un prezzo molto a sconto rispetto il valore fondamentale. Tramite le sue valutazioni razionali riusciva a trovare queste imprese e a prezzarle e nel lungo periodo riusciva ad ottenere risultati di gran lunga migliori degli speculatori. Aveva una visione del tutto diversa dal resto del mercato, da contrarians. Se una cosa ha un determinato valore e costa poco la comprava, altrimenti lasciava perdere.

Ora vorrei sapere, come diavolo fa a determinare così bene il valore intrinseco di un'impresa? Spero di capire prima o poi come giostrarsi nel mercato finanziario, comportandosi come value investor e, nel frattempo, penso proprio che leggerò i libri che sono stati alla base della formazione di Buffett e di tutti gli altri suoi colleghi value. Assolutamente non ritengo che ci sia scritto una formula magica o un algoritmo che possa miracolosamente spiegare per filo o per segno come investire, ma spero che possa ancora di più aprirmi la mente, darmi qualche input e qualche nozione che non si apprende sui libri di scuola e capire come andare al di là della mera valutazione di bilancio.

In conclusione, se dovete scegliere se essere speculatori o value investors, scegliete di essere speculatori, incassate subito e potrete mettervi più soldi in tasca domani per comprarvi il Range Rover. Affidatevi alle banche ed hai vostri amici promotori, investite sulla moda del momento, fate day-trading, così una volta che avrò finito l'università e sarò entrato in questo meraviglioso mondo avrò meno competitors e avrò più possibilità di trovare investimenti in cui posso valorizzare veramente il mio capitale, dimostrando di essere bravo in quello che faccio.

P.S. se qualcuno avesse il numero di Buffett mi mandi una mail, che ho giusto giusto un paio di cose da chiedergli.



Lo studente, Matthew Shod

mercoledì 24 giugno 2015

Il Poker della Volkswagen



La Volkswagen si divide in quattro: mass market, premium, superior e commercial vehicles. Questi sono in quattro segmenti di automotive in cui il gruppo attualmente opera. Quando ho letto l'articolo in questione su 'MF - Il quotidiano dei mercati finanziari' circa una settimana fa, la prima cosa che ho pensato è che avessero in mente nel breve-medio termine qualche cessione di ramo d'azienda. In effetti anche il giornalista che ha pubblicato l'articolo ha fatto delle considerazioni a riguardo.

La creazione delle quattro sub-holding è ancora al vaglio del top management, ma sarebbero molto propensi a suddividere il gruppo in questo modo, in particolare per questioni organizzative. E' ovvio che una struttura a scatole cinesi non è mai efficiente, ma quando si parla di grandi gruppi a volte bisogna ricredersi su questa affermazione.

Ad ogni modo mi piacerebbe molto sapere, oltre allo scopo del miglioramento organizzativo, se la suddivisione dei marchi nelle quattro aree di business ha un obiettivo aggiuntivo. Non solo per quanto riguarda una futura cessione, ma più che altro per quanto riguarda una possibile quotazione in borsa di uno dei rami che verranno a crearsi. Per esempio, i brand Ducati, Audi e Lamborghini hanno contribuito non poco al bilancio consolidato negli ultimi anni...che ci sia una eventuale progetto di quotazione del segmento premium del Gruppo?



Lo studente, Matthew Shod


martedì 23 giugno 2015

EURO: Pro o Contro?




Non sono ancora riuscito a farmi bene un'idea se continuare a rimanere nell'euro possa essere 'cosa buona e giusta'. Molti personaggi autorevoli, da giornalisti a economisti, da capi di stato a professori universitari ritengono fermamente che ABBIAMO BISOGNO dell'Euro. Ad ogni modo, non mancano i contrarians, fermamente convinti che continuare a rimanere in questo macro-progetto europeo, unico nella storia, non sia affatto una buona idea.

Ripeto, per quanto mi riguarda non riesco proprio a farmi un'idea che possa completamente escludere l'altra. A mio avviso, uno dei problemi maggiori sarebbe il fatto che, nel caso di una ridenominazione della valuta, quale potrebbe essere il tasso di cambio? Potrebbero esserci molti problemi per tutte quelle imprese che hanno un'ampia quota del proprio passivo in mano a creditori esteri...se dovessimo tornare alla Lira, quanto aumenterebbe il loro debito in valuta nazionale? D'altronde, le imprese di cui stiamo parlando sono principalmente coloro che hanno una buona quota dei loro ricavi che viene generata all'estero, quindi la ridenominazione potrebbe non avere quegli effetti fatali.

Altra cosa che mi viene da pensare è: quante sono le imprese italiane che dall'inizio dell'euro a oggi sono passate in mani straniere? (perché data la moneta unica tutto si gioca sull'inflazione interna, che la fa da padrona nel caso in cui un europeo voglia fare investimenti in attività reali in Italia) E quante invece straniere sono passate sotto il controllo di un'italiana? La stessa domanda potrebbe essere: quante imprese greche sono passate in mani straniere? A quest'ultima domanda mi piacerebbe molto avere una risposta, sopratutto per il fatto che la Grecia non sarebbe mai dovuta entrare nell'euro dato che, come sappiamo, il bilancio era stato manipolato in modo tale da avere i requisiti minimi (che già erano molto bassi) per entrare nell'UEM.

Lo stesso discorso, l'ho fatto con un americano che ho conosciuto durante una breve esperienza negli USA. Questo signore ha lavorato anche per il governo americano e per me è stata davvero una bella esperienza parlare con lui. Una cosa mi è rimasta impressa in modo particolare nel suo discorso. Mi disse che fino a quando la Germania aveva i franchi, in USA si vedevano pochissime auto tedesche. Dopo la stabilizzazione dell'Euro le auto tedesche in America erano ovunque. Tutti ne avevano una. Poi ha proseguito parlando della Grecia, facendo l'esempio degli yogurt. Con la dracma gli yogurt greci erano molto competitivi, ma col passaggio all'euro sono diventati molto cari sui mercati internazionali. Ora non so come sia composto il PIL greco in termini di diversificazione di prodotto, quanto sia composto da beni tradable e non-tradable, però nel momento in cui la valuta greca ha avuto una rivalutazione così grande, non credo che l'export ne abbia giovato molto. Al contrario le esportazioni della Germania sono esplose. BAH...

Però la creazione di un mercato con un'unica moneta non si può negare abbia i suoi vantaggi. Tutto quello che concerne un' area monetaria ottimale l'Europa ce l'ha, in teoria. Pur rimanendo un'area prettamente bancocentrica rispetto agli Stati Uniti, segnali di integrazione dei mercati finanziari azionari si stanno avendo, anche se molto lentamente. Invece l'integrazione dei mercati bancari sono stati molto più veloci, in particolare quelli del wholesale funding e, a mio avviso, la cosa potrebbe implodere se si tornasse alla monete nazionali precedenti. I prezzi sono diventati molto più trasparenti e le scelte molto più semplici e oculate. Però non hanno tenuto molto in considerazione il fatto che nel caso in cui ci sia uno shock prettamente interno, la politica monetaria unica della BCE può avere effetti diversi da paese a paese, con evidente rischio di perdita della credibilità. Altro fattore da considerare è il trasferimento dei fattori produttivi da un paese al'altro, in modo da redistribuire la produzione. E' esattamente ciò che sta avvenendo con le fughe di cervellli ma le implicazioni e ciò che si potrebbe dire su questo sono enormi, quindi non mi dilungherei.

Dal mio discorso sembrerebbe che sia fortemente contro. Beh, diciamo che vedo più il lato negativo della cosa attualmente, anche se non sono definitivamente convinto che stare nell'euro sia negativo. Gli enormi cambiamenti che abbiamo visto dai primi anni duemila ad oggi non sono stati tutti negativi. Bisogna solo cercare di vedere il bicchiere mezzo pieno anche perché o si è fermamente convinti che l'euro ci stia rovinando e agire di conseguenza (come?) oppure si cerca di cavalcare l'onda del momento e sfruttare potenziali opportunità nascoste che si celano dietro l'angolo. Ad ogni modo, il mondo è grande e non siamo mica obbligati a rimanere in questo paese giusto?




Lo studente, Matthew Shod